Valorizzare e far fruire le concerie rupestri di contrada Fontanasecca a Palazzolo Acreide: conclusa un’iniziativa di Natura Sicula. Nei mesi scorsi, a seguito dei lavori di sistemazione della sorgente che alimenta le concerie, è stata pulita dai rifiuti e liberata da una vegetazione impenetrabile un’ampia area sul fianco destro del torrente Calancone, nei pressi della sorgente in cui un tempo le donne andavano a lavare i panni. La sorgente si trovava a due metri di profondità; era stata ricoperta con materiali di risulta e terra durante la costruzione del collettore fognario.
L’area, ricchissima di acqua corrente e di umidità, è stata trasformata in un boschetto. Per l’occasione è stata ripopolata di vegetazione ripariale originaria. Una squadra di volontari ha messo a dimora giovani alberi di Platano orientale Platanus orientalis, Pioppo nero Popolus nigra, Pioppo bianco Popolus alba, Frassino meridionale Fraxinus angustifolia, Leccio Quercus ilex, Sambuco nero Sambucus nigra. Le specie si uniscono alle altre della foresta ripale già presente e di cui fanno parte anche il Noce comune Juglans regia, il Salice pedicellato Salix pedicellata, e il Fico selvatico Ficus carica. Nel boschetto, tra l’altro, si sta ricavando un’area didattica per favorire la sosta dei visitatori.
Le concerie rupestri di Palazzolo, una decina in tutto e gestite da Natura Sicula, sono le uniche raggiungibili comodamente in auto, quindi proponibili a un pubblico non necessariamente dotato di particolari agilità fisiche. Sono fruibili a chiamata telefonando al curatore (Enzo Marabita tel. +39 320 751 3014) e visitabili anche in carrozzella. Malgrado siano abbandonate da circa due secoli, l’acqua continua a entrarvi e a riempire le numerose vasche, estate e inverno.
Durante le visite vengono esposti al pubblico il cavalletto e tutti gli arnesi, opportunamente ricostruiti, che servivano alla scarnificazione, depilazione, calcinazione, concia, rinverdimento. É possibile anche assistere a una simulazione del processo produttivo. Le fasi della preconcia e della concia venivano praticate con l’uso di tannino ricavato dalle foglie tritate di Sommacco siciliano Rhus coriaria, un arbusto deciduo che è stato ripiantato in loco a scopo dimostrativo. Il tannino serviva a bloccare la putrefazione delle pelli e fungeva anche da mordente.
Tra le numerose grotte adibite a concerie e tintorie, è presente un bellissimo palmento rupestre che, recentemente ripulito e reso fruibile, testimonia l’antica vocazione vitivinicola dell’area. Concerie, tintorie, palmento: gli opifici recuperati sono una pagina della nostra storia che vale la pena scoprire, perché siano chiare le nostre origini, si comprenda quanto eravamo capaci di vivere in sintonia con la Natura, si capiscano quali sono gli errori da non ripetere!
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